Le 5 "R" - Ridurre, Riciclare, Recuperare , Riutilizzare e Rinnovare 


"Io, naufrago nell’oceano della sostenibilità"
di Giulio Ghisolfi

Ci sono almeno cinque definizioni differenti di imballaggio sostenibile e una marea di variabili tecnologiche che mi impediscono di ottenere risoluzioni compatibili con la riduzione dei costi. Come fare?

Relativamente all’imballaggio, il concetto di sostenibilità ha raggiunto un'importanza strategica, quasi impensabile qualche anno fa, e per certi aspetti gli è stata attribuita una valenza quasi incomprensibile per gli addetti ai lavori. Denominazioni ambigue, come imballaggio verde, a basso impatto ambientale (?!) e/o rispettoso dell’ambiente possono essere fonte di confusione senza una definizione specifica, come già accennato nel mio precedente articolo. Alcune autorità di regolamentazione, come la Federal Trade Commission, stanno fornendo una guida per tutti i produttori e distributori, per rendere comprensibile e trasparente questa complessa materia dove sono in gioco parecchi interessi di parte.

Lo tsunami mediatico
A getto continuo siamo bombardati da articoli, convegni ed eventi nei quali ci si esprime in modo entusiastico sull’argomento, anche se a mio avviso molto spesso in modo improprio, fuorviante e illusorio. Quasi tutti cercano si saltare sopra il carro dello sviluppo sostenibile, cercando di proporre le proprie ricette miracolose ma senza riflettere invece sulla loro effettiva applicabilità e soprattutto senza considerare attentamente i costi e gli effetti che esse determinano sul sistema produttivo/ distributivo. In vari momenti di confronto privati e pubblici (soprattutto in vari blog specializzati) mi sono già espresso in modo molto critico e severo su questa moda, anche perché lavorando a stretto contatto con primarie aziende di prodotti di largo consumo che chiedo concretezza e risultati, mi sento sempre più' in difficoltà nel rispondere alle continue richieste e solleciti di soluzioni eco-sostenibili.

Li avete fatti, i conti?
Sviluppare soluzioni innovative sostenibili è molto difficile, costoso e spesso inutile, soprattutto perché ancora per molti anni a venire saremo costretti per vincoli produttivi e di processo a utilizzare materiali e tecnologie poco sostenibili che sono stati sviluppati e introdotti nel passato, quando non vi era ancora una sensibilità sociale e politica all’ambiente. L’imballaggio presenta un livello di complicazione tecnologica molto elevato, quindi è pericoloso e costoso cercare di minimizzare i problemi che possono scaturire da una piccola modifica produttiva, e/o dal ricorrere a materiali più eco-sostenibili. Spesso si sottovaluta l’impatto che hanno determinate scelte tecniche. Chiediamoci perché moltissime persone e aziende pervicacemente ripropongano la questione senza conoscere i problemi sottostanti, perché investano risorse su un concetto così astratto come la sostenibilità, quando anche la scienza e la tecnologia sono ancora lontane dal proporre concrete soluzioni realmente eco-sostenibili con un buon rapporto costo/qualità. Ritengo che sia soprattutto una questione di marketing: pensano che, facendo leva sul valore inconscio che le tematiche ambientali trasmettono al consumatore finale, riusciranno a rendere i loro prodotti più profittevoli; ricorrono allo slogan concettuale ricorrente ‘sto facendo il possibile per rendere il mondo migliore e più pulito, sono gli altri che inquinano!’

Pretesti per qualcos’altro?
Questo credo laico sta facendo parecchi proseliti principalmente tra i distributori che, sentendosi attaccati, per evitare di finire sotto scacco spingono tutta la catena a reagire, a fare qualcosa di sostenibile, riuscendo comunque nell’intento di far ridurre i costi del prodotto (alla fine sempre lì si arriva!).
Ma il problema principale è: chi paga, chi pagherà gli ingenti investimenti che si devono/dovranno fare per trasformare gli attuali imballaggi e i sistemi produttivi oggi utilizzati?
Naturalmente il consumatore finale, che però è sempre più vigile e informato e soprattutto è sempre meno propenso ad accettare aumenti di prezzo solo per motivi pseudo-ambientali. In cerca di un punto di riferimento super partes, guardiamo a ciò che dice il legislatore europeo, nella speranza di trovare un elemento guida.
Sapete quanti ne troviamo? Almeno cinque! Altrettanti sono i pilastri su cui si basa la politica europea relativamente all’imballaggio sostenibile. L’obiettivo principale è prevenire e ridurre la creazione di rifiuti e ci viene indicato come raggiungere praticamente questo importante obiettivo attraverso le ‘5 R’.

RIDURRE (= Risparmiare)
Eliminare e ridurre i costi e gli sprechi relativamente a:
- Dimensione del contenitore
- Spessore materiale (o ‘downgauging’)
- Peso finale del prodotto
- Rapporto fra quantità imballata e imballo Volume
- Costi logistici (movimentazione stoccaggio, trasporto)
- Impatto ambientale (emissioni ‘foot-print’, energia utilizzata in tutto il processo, uso di acqua e suolo)

Alcuni esempi applicativi sono: il detergente concentrato in film solubile, il vino in PET, la scatola di corn-flakes ridotta del 10% in volume, lo stick-pack che riduce del -30% la dimensione rispetto ad una bustina contenente stessa quantità.

RICICLARE
Significa recuperare il materiale utilizzato per realizzare l’imballaggio; questo materiale recuperato viene riprocessato in nuovi prodotti e/o nella produzione di un nuovo materiale (con estesi limiti per andare a contatto diretto con gli alimenti). È molto importante sottolineare che con questo termine si esclude il recupero energetico. Il riciclo è in sostanza il tentativo di trasformare un costo in un potenziale profitto, utilizzando dei materiali riciclabili (es. carta, vetro, acciaio, PET) e favorendo il ricorso a materiali ad elevato contenuto di materia riciclabile.

RECUPERARE e RIUTILIZZARE
La direttiva UE 2008/98 definisce il recupero come qualsiasi operazione il cui principale risultato sia di permettere ai rifiuti di svolgere un ruolo utile sostituendo altri materiali che sarebbero stati altrimenti utilizzati per assolvere una particolare funzione o di prepararli ad assolvere tale funzione, all’interno dell’impianto o nell’economia in generale. Il riutilizzo invece è qualsiasi operazione attraverso la quale prodotti o componenti che non sono rifiuti sono reimpiegati per la stessa finalità per la quale erano stati concepiti. Un pallet in legno o in plastica, una scatola di cartone, una monodose di vino in bicchiere di vetro, una grattugia ricaricabile, una qualsiasi scatola in metallo.

RINNOVARE
Consiste nell’utilizzare materiali d’imballaggio che derivino da fonti rinnovabili e/o che permettano di ridurre l’imbatto ambientale e la quantità utilizzata con lo stesso risultato finale. A questo punto è lecito porsi parecchi interrogativi, fra i quali i seguenti:
come ci si può orientare in questo labirinto di definizioni ?
Come si può dire che l’imballo X è più sostenibile dell’imballo Y?
Se l’imballo X è riciclabile mentre l’imballo Y è recuperabile/riutilizzabile, quale è dei due più sostenibile?

Nelle prossime puntate vedremo quali sono gli strumenti e i parametri che vengono utilizzati per cercare di dirimere la questione , tenendo sempre presente che l’obiettivo finale per il consumatore è e rimarrà l’acronimo:
ULS-FOS-TANA e cioè “Use Less Stuff”, “Fix Old Stuff” and “Throw Almost Nothing Away” (usa meno imballo possibile, riutilizza il più possibile quello esistente e getta via il meno possibile).


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